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I discorsi di Yan’An ( 1942 )

La rettifica dei messaggi della propaganda

A partire dal 1938 Liao Bingxiong cominciò a spostarsi tra le città di Wuhan e Guilin per seguire le squadre di propaganda fumettistica contro l’invasore giapponese. Nella seconda metà del 1940 arrivò nel Sichuan dove proseguì la sua attività di resistenza dirigendo opere teatrali di propaganda. Infine giunse, nell’ottobre del 1942, a Chongqing dove viene impiegato presso l’ambasciata sovietica. La natura politica dell’incarico assegnatogli (curatore della Mostra per il venticinquesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, patrocinato dalla società letteraria sino-sovietica) non lascia dubbi riguardo lo schieramento ideologico di Liao, anche se la città in cui si stabilì fino alla fine della guerra costituiva il quartier generale del Guomindang. Nella base nazionalista di Chongquing infatti operò anche Huang Miaozi, ex segretario del sindaco di Shanghai. Questi però, essendo sinceramente appassionato di satira politica, non rinunciò mai all’amicizia dei suoi compagni di Shanghai, indipendentemente dal loro allineamento. Tra questi vi era anche Hua Junwu, uno dei maggiori fumettisti ufficiali del partito comunista dopo il 1949. Huang Miaozi presentò Hua all’organizzazione del Guangdong che lo destinò alla base di Yan’An. Quando la raggiunse alla fine degli anni ’30, Hua si era ormai disilluso riguardo alla capacità del governo nazionalista di guidare il paese fuori dalla crisi internazionale dovendo contemporaneamente combattere la corruzione al suo interno. Nella base di Yan’An, dove si perfezionavano le linee politiche che poi si sarebbero applicate al resto delle zone di influenza comunista, si raccolsero atri artisti di talento come lo stesso Zhang E e Cai Rouhong. Quest’ultimo arrivò a Yan’an nel ’39, dove lavorò come fumettista ed insegnante presso l’Accademia d’arte e letteratura di Lu Xun, e dopo il ’49 divenne direttore della stampa pittorica delle masse. I loro lavori comparivano puntualmente sulle pagine del (1) giornale ufficiale del partito, il Quotidiano della liberazione, riconosciuti per qualità artistica ed intelligenza; ma nel ’42 una serie di lavori, raccolti nella “Mostra di fumetti satirici di tre uomini” (Sanren fengzi manhua zhan), spostarono l’oggetto della loro critica non più su i bersagli comunemente identificati dalla politica comunista come nemici delle masse, ma sugli stessi appartenenti all’organizzazione del partito. Questi tre fumettisti trovarono che i motivi per cui biasimavano il governo nazionalista, e cioè la corruzione e la presunzione dei suoi burocrati, esistevano anche tra i quadri del partito. In una dichiarazione affermarono in sostanza che gli uomini all’interno dell’organizzazione non erano infallibili ed immuni alla corruzione: “Abbiamo visto la bellezza e la radiosità della nuova società. Ma abbiamo anche testimoniato gli aspetti oscuri e spiacevoli che ha ereditato dal passato. Questi residui arcaici si insinuano nella nuova società corrompendoci gradualmente. La nostra responsabilità, come fumettisti, è di sradicarli e seppellirli”. La superficialità con cui i principi marxisti e leninisti venivano considerati dai quadri che agivano ispirati dal desiderio di soddisfazione personale piuttosto che da una ideologia politica svuotava ogni dottrina del suo significato; Le vignette di Hua Junwu, Cai Ruohong e Zhang E come “Decorazioni moderne” e “Io sono il N. 6 nel mondo” (Marx, Engels, Lenina, Stalin, Mao e quindi i quadri) accusarono questa tendenza odiosa riscuotendo un successo travolgente tra il pubblico ma destando gravi preoccupazioni nelle sfere dirigenziali del partito. In effetti la puntualità con cui i tre artisti attaccarono l’arroganza e l’incompetenza dei quadri del partito venne definita da un critico con queste parole: “I fumetti satirici curano le malattie come uno scalpello”. (2)

Prima di allora, i fumettisti, nelle zone di influenza comunista, avevano proceduto in maniera spontanea nella loro ricerca stilistica di un canale di comunicazione ottimale, avevano cioè proseguito attraverso le intuizioni degli artisti e confrontandosi poi con la reazione del pubblico. Ma nel 1942 Mao Zedong intraprese una serie di azioni volte ad assicurare un maggiore controllo sui canali di comunicazione di massa affinché, attraverso questi, non venissero veicolati dei messaggi indesiderati o destabilizzanti. I discorsi di Yan’An delinearono le direttive principali riguardo la propaganda di partito ed una dettagliata regolamentazione dei suoi media e delle sue modalità di espressione. Quanto denunciato da Hua Junwu, Zhang E e Cai Rouhon, per vero che fosse, era inaccettabile perché avrebbe potuto avere implicazioni incontrollabili. Perciò, nell’estate dello stesso anno, Mao ricevette personalmente i tre artisti per chiarire loro che: “il bersaglio di artisti e scrittori rivoluzionari non possono mai essere le masse, ma solo gli aggressori, gli sfruttatori, gli oppressori e l’influenza malvagia che possono esercitare sulla gente”.(3) La “campagna di rettificazione” voluta da Mao doveva chiarire che il partito aveva l’ultima parola in fatto di arte e che l’unica scelta lasciata agli artisti era il consenso attivo. In questo nuovo scenario la ricerca stilistica dei disegnatori dovette conformarsi alle predisposizioni del partito, accettandone i consigli in merito ai temi da affrontare ed alle tecniche da usare: questo significò la fine della carriera per Cai Rouhong, mentre Hua Junwu, pentito dei propri sbagli, tornò a disegnare dopo aver depurato il suo stile dalle influenze straniere dell’artista tedesco E. O. Plauen (creatore della striscia “Vater und son”) e del vignettista russo Sapajou (attivo a Shanghai presso il giornale inglese North China Daily News). In pratica l’espressione stilistica venne mutilata della sua parte più evidentemente occidentale, per la quale l’orgoglio nazionale avrebbe dovuto sopportare un debito artistico troppo scomodo; la ricerca venne frustrata nella sua intima natura di scoperta per evitare il rischio matematico di qualsiasi risultato “antirivoluzionario”; la libertà d’espressione venne imbrigliata per non generare confusione nella lotta contro i nemici del partito.

La regolamentazione dei media

Anche la gestione dei giornali, sui quali le vignette venivano pubblicate, venne regolamentata in maniera dettagliata dalle disposizioni di Mao: dal 1 Aprile del 1942 il Quotidiano della Liberazione riservò la prima pagina alle Istruzioni emanate dal partito, seguivano le attività nelle regioni di influenza comunista, le
notizie nazionali e quindi quelle internazionali. Le nuove priorità dell’informazione avevano due obbiettivi fondamentali: il primo era quello di attirare più pubblico, per fare questo si cercò di risvegliare l’interesse dei lettori focalizzando l’attenzione sugli avvenimenti locali; il secondo obbiettivo era quello di raggiungere una sintonia assoluta tra la volontà del partito e quella dei lettori, a questo scopo si dette massimo risalto alle direttive politiche centrali e importanza marginale agli intricati affari internazionali (fatti che si svolgevano in luoghi lontani e per motivi al di là della comprensione delle masse). In linea con gli sforzi compiuti al fine di raffinare gli strumenti di comunicazione politica, anche la comprensione delle notizie divenne un punto che richiedeva dei cambiamenti stilistici. Gli articoli venivano generalmente composti dalle
redazioni comuniste con uno stile troppo elegante e retorico perché fosse accolto da tutti i lettori. Così le nuove istruzioni imposero che il vocabolario con cui si scrivevano i pezzi venisse semplificato nella terminologia, nonché ridotto nel numero di caratteri. 3000 fu il nuovo limite stabilito dal partito non solo per
assicurare delle composizioni abbastanza semplici, ma anche per rendere più pratico il trasporto del materiale tipografico: in tempo di guerra, infatti, dover evacuare una redazione poco ingombrante poteva essere molto vantaggioso. Questo tipo di soluzione guadagnò al Quotidiano del Chahar-Hebei il soprannome di “giornale pubblicato sul dorso di otto muli” (batou luozi banbao). (4) Naturalmente, le disposizioni del partito, una volta comunicate ed applicate, avrebbero dovuto essere verificate. Il controllo sulle pubblicazioni veniva effettuato dall’esercito, come successe per i giornali e le riviste del Jiangsu. Nel settembre 1942 il generale Chen Yi, al comando della nuova quarta armata, ricevette precise disposizioni direttamente da Mao: “La prego di prestare particolare attenzione ai giornali e riviste nel Jiangsu settentrionale. Si assicuri che questi servano il partito nella propaganda della sua politica corrente”. Anche Zhou Enlai, allora supervisore della pubblicazione del Quotidiano Nuova Cina a Chong Qing, ricevette un telegramma in cui si ammetteva, nello spazio del giornale, la presenza di punti di vista non comunisti.(5) In questo caso l’“apertura”dimostrata nella gestione di un giornale che operava in una zona nazionalista faceva una bella figura, aveva cioè una funzione diplomatica importante. Tuttavia “apertura” non significò “permissivismo” ed i punti di vista non comunisti che vennero inclusi all’interno dello spazio del giornale risultarono, in fin dei conti, “simpatizzanti” se non addirittura sostenitori della politica del partito. Il clima di forte irreggimentazione della propaganda comunista, definitosi successivamente al 1942, si estese a tutte le zone di influenza comunista compresi i casi come quello del giornale Quotidiano nuova Cina. L’attività dei fumettisti sottoposti a questo controllo soffrì per ovvie ragioni. Liao Bingxiong conobbe un destino diverso poiché, dopo aver lavorato nelle squadre del fumetto per la salvezza nazionale nate all’interno della collaborazione tra nazionalisti e comunisti, tornò a Canton per poi operare nelle regioni del sud della Cina. La sua produzione si concentrò allora sulla propaganda anti-giapponese e contro il governo nazionalista.

1 Hung Chang-tai. 1994.
2 Jiang Feng. 1942.
3 Mao Zedong. 1967.
4 Hung Chang-tai. 1994.
5 Mao Zedong. 1983.