Reporter Senza Frontiere denuncia l'oscuramento
di Google News in Cina
1 dicembre 2004 - Reporter Senza Frontiere
ha apertamente accusato il governo di Pechino di censurare la
sezione Google news (in sostanza un validissimo
aggregatore di notizie che fornisce complete rassegne stampa sugli
argomenti selezionati). Il governo cinese avrebbe oscurato il
sito negli ultimi dieci giorni dirottando i navigatori cinesi
su una versione locale depurata da contenuti ritenuti critici
verso la leadership cinese. In Cina esiste un vero e proprio corpo
di polizia della rete incaricata di monitorare costantemente i
contenuti dei siti internet. In alcune città come Shanghai
esistono servizi sperimentali per il controllo degli internet
caffé. I restanti 100000 internet caffè istallano
dei software che impediscono l'accesso a determinati siti accusati
di riportare materiale sovversivo o socialmente pericoloso. Reporter
Senza Frontiere ha anche lanciato un appello verso il gigante
americano affinché non si sottometta alla volontà
del governo cinese censurando notizie considerate sgradevoli a
Pechino. La posizione di Google, come del resto quella di altre
società di informatica occidentali come Yahoo!,
è quantomeno imbarazzante. Se da noi difatti Google è
sinonimo di libertà di informazione e rappresenta uno strumento
eccezionale per il reperimento di qualunque genere di informazione,
non si può dire lo stesso della politica attuata dalla
compagnia americana in Cina, complice di fatto di un regime dittatoriale.
Ma come si dovrebbe comportare una azienda in suolo cinese? Rinunciare
ad un potenziale mercato di oltre un miliardo di persone o piegarsi
al volere di un regime totalitario? Qual'è soprattutto
la posizione del governo americano in questa vicenda? Se da un
lato difatti continua il braccio di ferro tra gli Usa e la Cina
per le questioni dei diritti civili, come giustificare l'operato
delle principali multinazionali americane in territorio cinese?
C'è da dire che non è sempre stato così:
nel settembre del 2002 Google si oppose tenacemente al governo
cinese rifiutandosi di censurare i contenuti delle ricerche del
suo motore distinguendosi da Yahoo! che invece già da tempo
aveva accettato i diktat di Pechino e soprattutto da Cisco
System che ha venduto migliaia di costosi router (16000
euro l'uno) per la censura; Pechino fu costretto così ad
oscurare i siti ritenuti pericolosi avvalendosi solo dei suoi
tecnici, che riuscirono nell'impresa dopo molte difficoltà.
Ma nel giugno del 2004 però qualcosa è cambiato
con l'acquisizione da parte di Google di una sostanziosa fetta
di un popolare motore di ricerca cinese, chiamato Baidu,
fortemente controllato da Pechino.
Per filtrare i contenuti della rete ci si avvale
fondamentalmente di due diverse tecnologie: di router capaci di
bloccare determinati indirizzi IP e più recentemente di
redirect DNS, che per l'appunto reindirizzano l'utente su un altra
pagina da quella selezionata, che molto probabilmente riporterà
frasi anonime come "404 page not found" o "connection
timeout" e che quindi suggeriscono che il server su
cui si trova la pagina è non funzionante piuttosto che
bandito. A questi evidentemente si aggiungono i complessi algoritmi
che stanno alla base delle ricerche di Google e Yahoo. Per la
verità forse alcuni utenti più smaliziati sono in
grado di aggirare queste limitazioni imposte dal governo cinese
tramite l'utilizzo di alcuni siti anonymizer che si avvalgono
di proxies (dei programmi che fungono per certi versi da veri
e propri specchi: la richiesta di visualizzazione di una pagina
al server remoto non verrà fatta dal proprio computer,
ma da un'altra macchina che poi avrà il compito di spedire
i risultati al richiedente). Questi siti per l'appunto, come già
suggerisce il nome, sono in grado di mascherare l'indirizzo IP
della macchina che si sta collegando e quindi sono in grado di
visualizzare correttamente le pagine ricercate. Anche su questo
campo ad ogni modo il governo cinese si sta muovendo molto velocemente
oscurandone alcuni.
Matteo Damiani
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