Il budget iniziale da un milione di dollari
americani, reso disponibile dalle case di produzione per la realizzazione
di Mengduan
Tianguo, risultò insufficiente per permettere a Frankie
Chan e alla sua troupe di trasferirsi a Seattle, città
nella quale è ambientata la serie, per tutto il tempo necessario
a girare le trenta puntate. Trovati quindi nella città
di Dalian
i luoghi con parvenze statunitensi adatti per le riprese, sorse
comunque il problema di crearvi movimento e vita, con volti e
figure d’impronta se non americana, per lo meno occidentale.
Con la possibilità di girare a Seattle il problema non
sarebbe sorto, poiché le comparse necessarie sarebbero
state selezionate, come avviene in qualunque produzione, tra gli
stessi abitanti della città. Nel caso particolare di Mengduan
Tianguo, la soluzione è stata trovata individuando gli
studenti stranieri presenti in Cina, come le persone dai tratti
occidentali più numerose e in genere disponibili ad apparire
come comparse o attori occasionali per parti di minima importanza.
Questa scelta obbligata ha creato una particolare situazione,
a causa della quale, nella serie, gli abitanti di Seattle avranno
tutti l’aspetto di giovani dai venti ai trent’ anni
e uno spettatore attento potrebbe notare la totale mancanza tra
i volti dai tratti occidentali delle scene, di persone anziane
e bambini.
Gran parte delle comparse straniere furono reclutate tra gli studenti
dell’Università di Educazione Fisica di Pechino,
in quanto luogo degli allenamenti nelle arti marziali, della persona
incaricata da Frankie Chan per la selezione degli studenti stessi:
Luke Benza.
Originario della Repubblica Gabonese in Africa, Luke Benza aveva
già vissuto in Cina per più di vent’anni,
in quanto figlio dell’ ambasciatore del Gabon a Pechino,
aveva già interpretato diversi ruoli in film di azioni
di Hong Kong. Lavorando nelle varie produzioni dell’ex colonia
britannica, si trovò ad apparire anche in scene di combattimento
di film del regista Frankie Chan, col quale iniziò così
un buon rapporto di collaborazione e di amicizia.
Durante la preparazione di Mengduan Tianguo, il regista ritenne
così che la persona più idonea per l’incarico
di responsabile della selezione e dell’organizzazione delle
comparse, fosse proprio Luke Benza, grazie alla sua conoscenza
perfetta della lingua inglese, francese e cinese. La sua esperienza
ventennale di vita in Cina poi, gli avrebbe anche permesso di
poter essere il punto di unione e di riferimento ideale tra la
troupe cinese e le comparse straniere, spesso arrivate da poco
in Cina e completamente spaesate nel nuovo ambiente.
Nell’inverno del 2002, mentre a Dalian si stavano effettuando
le riprese di Mengduan Tianguo, mi trovavo a Pechino per studio
e grazie ad alcune mie conoscenze tra gli studenti dell’Università
di Educazione Fisica, ho ricevuto insieme a loro, verso la fine
di gennaio, la proposta di lavorare tra le comparse straniere
della serie televisiva.
Quando accettai questa offerta, già il mattino del giorno
successivo partii con altri studenti di varie nazionalità
per un viaggio in treno di dodici ore verso Dalian, dove ci aspettavano
un mese di lavoro e difficoltà inaspettate.
Alla stazione di Dalian la prima persona che incontrammo fu proprio
Luke Benza, che ci attendeva per portarci all’albergo, che
ospitava gran parte della troupe della serie, per darci una sistemazione,
firmare un contratto e la retribuzione che ci venne garantita
fu di cinquemila renminbi per un mese di lavoro.
Ad un paio d’ore dal nostro arrivo, venimmo subito portati
sul set per partecipare alla nostra prima scena di questa nostra
esperienza, dove restammo per un’intera nottata, saltando
completamente il riposo. Questo ritmo di lavoro non fu un episodio
isolato, bensì il sistema con il quale ci tennero occupati
per quasi tutto il periodo.
Avevamo già avuto sentore di quale potesse essere l’andamento
dei ritmi delle riprese quando, il primo giorno, incontrammo gli
studenti che avevano lavorato come comparse durante il mese precedente
al nostro e che, scaduto il contratto, erano in partenza. Essi
ci misero subito in guardia verso le pretese della produzione,
che li aveva costretti a lavorare anche per ventiquattro ore senza
riposo, a lungo esposti alle temperature polari in esterno, e
con lunghissimi tempi di attesa da passare in pullman non riscaldati.
Questo modo d’agire aveva tolto loro qualunque fiducia nell’organizzazione,
al punto che temevano addirittura di non essere pagati.
Ci raccomandarono di essere fermi nel pretendere che ci fossero
concesse almeno otto ore di sonno al giorno e di non restare chiusi
in albergo intere giornate a disposizione di un’eventuale
chiamata, come invece ci sarebbe stato richiesto.
Dopo il primo giorno di riprese e sentite le esperienze di coloro
che se ne stavano andando, cominciò a serpeggiare fra tutti
noi una forte preoccupazione, che al secondo giorno provocò
l’abbandono di Dalian da parte di un alcuni degli studenti
arrivati con me da Pechino, che trovarono troppo pesante la situazione.
Tutti gli altri, me compreso, decidemmo di rimanere comunque,
incuriositi da questa esperienza e da come la situazione si sarebbe
potuta evolvere.
Nei giorni successivi, nonostante tutti noi fossimo pagati come
semplici comparse, ci venne richiesto di ricoprire a volte dei
ruoli più complessi. Questi potevano comprendere sia parti
più impegnative dal punto di vista della recitazione, in
quanto presentavano dei dialoghi e di conseguenza battute da imparare
dal copione, sia la partecipazione a scene d’azione che
presentavano una certa pericolosità. Normalmente le prime
sarebbero state affidate ad attori, professionisti od occasionali,
ma comunque retribuiti in quanto tali; le seconde a degli stuntmen
specializzati nei ruoli che presentano un certo livello di rischio.
Due esempi concreti di casi del genere sono stati vissuti in prima
persona da me stesso e da un mio compagno di studi italiano che
si è trovato all’ultimo momento a dover improvvisare
il ruolo di un avvocato che, in tribunale, interrogava il protagonista
della serie, Zhang Fengyi, e concludeva poi il suo discorso rivolgendosi
al giudice. A mia volta, una delle scene in cui sono stato inserito
nei panni di un mafioso americano, richiedeva che venissi ucciso
da un colpo di pistola esploso dalla polizia. Fui così
equipaggiato di un giubbotto con all’altezza del petto una
cartuccia esplosiva contenente un liquido rosso simile a sangue,
collegata ad un pulsante che tenevo nella mano destra. Durante
una sparatoria in un cantiere edile, dovetti infatti simulare
di venire colpito da un proiettile, far scoppiare il contenitore
col sangue finto e cadere a terra tra sassi e sabbia.
Con il passare dei giorni fu confermato quanto
ci era stato detto al nostro arrivo a Dalian: i nostri orari di
lavoro non ci venivano mai comunicati se non all’ultimo
momento, tenendoci sempre a disposizione della produzione, spesso
con tempi di attesa lunghissimi. Una volta arrivati sul set, non
eravamo mai informati sulla durata della giornata di lavoro e
spesso concluse le riprese in un luogo, non sapevamo nemmeno se
saremmo stati ricondotti all’albergo o portati su un nuovo
set per proseguire.
È accaduto alle volte, dopo un intera giornata all’aperto
interrotta solo da un’ora di pausa pranzo, che venissimo
subito portati su un nuovo set dove un’altra troupe era
già pronta per iniziare una nottata intera di riprese.
Questo poteva avvenire in quanto vi erano in azione tre troupe
complete che lavoravano in tre set diversi, sia contemporaneamente
che una in successione all’altra.
La mancanza di riposo e di sonno non era comunque
la cosa più dura da sopportare, poiché sono state
le temperature freddissime del Liaoning a febbraio a crearci le
difficoltà maggiori, in particolar modo durante le riprese
in esterno. Per indossare gli abiti di scena, non avevamo a disposizione
che il pullman non riscaldato, che ci faceva da mezzo di trasporto
e alle volte abbiamo dovuto cambiarci addirittura all’aria
aperta dietro il pullman stesso, quando doveva essere utilizzato
come spogliatoio dalle comparse femminili.
La situazione che ci ha messo più a dura prova si è
verificata durante una mattinata di riprese sferzata da un forte
vento e con una temperatura di quindici gradi sottozero, nella
quale, nel cortile di un edificio dall’aspetto di un carcere,
dovevamo rappresentare dei detenuti durante la loro ora d’aria.
Vestiti con solo l’uniforme di tela da carcerato, siamo
rimasti all’aperto per varie ore eseguendo inoltre degli
esercizi fisici, tra i quali quello di arrampicarsi su delle spalliere
in ferro che, sottozero e senza guanti, ci hanno provocato addirittura
delle ustioni alle mani.
Sorte ben peggiore della nostra è toccata ad un gruppo
di comparse cinesi nelle vesti di immigrati clandestini, stipati
in un container e giunti in America ormai privi di vita. Alle
comparse, vestite di stracci e sdraiate sul fondo del container,
già infreddolite per la rigida temperatura, furono versate
secchiate d’acqua per rendere il tutto più realistico
e la scena fu girata inoltre varie volte, per la difficoltà
da parte loro di restare immobili in quelle condizioni.
Con il proseguire delle riprese, ho potuto anche notare come le
tutte comparse venissero impiegate per ricoprire vari ruoli diversi
e come la stessa persona fosse utilizzata per interpretare di
volta in volta un killer, un poliziotto, un avvocato, un operaio
o un semplice passante. Un caso particolare è stato quello
di uno studente israeliano che, nelle vesti di un medico, dopo
essere stato ucciso nei sotterranei di un ospedale da un malvivente,
ricompariva poco dopo all’interno dell’edificio stesso
nelle vesti di un altro medico.
Tutto questo mi fece capire che, agli occhi del pubblico televisivo
cinese, tutti noi occidentali non avessimo tratti somatici ben
riconoscibili e che quindi il regista potesse ottenere lo stesso
risultato sullo schermo, anche utilizzando la stessa persona per
ruoli diversi.
Tutto ciò mi è stato confermato quando gli stessi
assistenti alla regia, nonostante lavorassero già da vari
giorni sempre a stretto contatto con noi, continuassero a non
distinguerci e a confonderci l’uno con l’altro.
Le difficoltà tuttavia, si accumularono tutte entro le
prime tre settimane, mentre negli ultimi dieci giorni, per varie
ragioni, la situazione migliorò sensibilmente. Essendo
stata portata a termine la gran parte del lavoro, i ritmi erano
ora decisamente più rallentati, lasciandoci così
anche del tempo libero, concedendoci tutte le ore di sonno necessarie
e venendo anche a creare un rapporto migliore tra noi e la troupe
cinese, con i componenti della quale, col passare dei giorni,
riuscimmo ad entrare in maggiore confidenza. L’aumento della
temperatura e l’arrivo delle prime giornate primaverili,
contribuirono inoltre a cancellare tutti quei problemi che si
erano presentati in precedenza, e ad innalzare il morale di tutti
coloro che erano impegnati nelle riprese.